Abbiamo partecipato in rappresentanza di Caritas Europa con la presenza di membri di vari ministeri europei e realtà della società civile al quarto evento della Commissione Europea di apprendimento reciproco sull'inclusione delle persone senza dimora con un focus specifico su coloro che vivono senza dimora “lontano da casa” come richiedenti protezione internazionale e cittadini europei che vivono in un altro Paese dell’Unione Europea.
Alcuni dati sul fenomeno in Europa e su buone pratiche.
Secondo il report “Housing Exclusion in Europe” di FEANSTA e Fondazione Abbè Pierre sono circa 700.000 persone senza dimora nell’Unione Europea con un aumento del 70% negli ultimi dieci anni. In Svezia erano 33.000 le persone senza dimora nel 2017, principalmente uomini, stranieri e molti bambini. In Italia nel 2021 sono state identificate le persone che vivono nelle convivenze anagrafiche e le cosiddette “popolazioni speciali” costituite da persone senza tetto, senza dimora e persone che vivono nei campi attrezzati e negli insediamenti tollerati o spontanei. “Un aggregato di poco più di 500 mila persone” afferma l’ISTAT mentre uno specifico studio del dicembre 2014, individuava 50.724 persone senza dimora in Italia (erano 47.648 nel 2011) di cui 60% stranieri. In Portogallo le persone che hanno fatto esperienza di homelessness erano 3.647 nel 2022, di cui il 23% stranieri, con un picco del 54% a Lisbona, soprattutto brasiliani. Hanno affrontato soprattutto sfratti (25%), perdita di autonomia per motivi economici (23%) e violenza domestica (22%). Nel 2021 in Germania il 69% delle persone senza dimora in strutture di accoglienza e il 37% delle persone che dormivano all'addiaccio non erano tedeschi e in altri Paesi europei la situazione non è tanto diversa.
In Europa ancora molti richiedenti protezione internazionale non riescono ad accedere ai sistemi di accoglienza o vivono per tanto tempo in condizioni di estrema indigenza. Invece quando raggiungono lo status di rifugiati affrontano tanti ostacoli verso l’indipendenza come fare lavori mal pagati o irregolari, essere discriminati rispetto all’affitto di una casa, avere una scarsa conoscenza della lingua del Paese ospitante e vivere difficoltà di accesso al sistema sanitario.
Rispetto ai cittadini europei che vivono in Europa ma fuori dal loro Paese d’origine, questi sono 10,2 milioni e provengono principalmente da Romania, Polonia, Italia e Portogallo. Da diversi anni è in corso una fuga di cervelli principalmente da Romania, Lituania e Lettonia. In Germania l'8,8% di coloro che dormono all'addiaccio sono cittadini dell'UE, in particolare rumeni e bulgari con particolare riferimento alla minoranza rom discriminati.
A livello europeo ci sono diverse buone pratiche che, utilizzando i fondi europei ESF+ e FEAD, danno supporto a cittadini europei come in Danimarca, Germania e Svezia con servizi di orientamento multilingua e assistenza sanitari.
A livello locale, si lavora per garantire l'accesso ai servizi come a Palermo, Barcellona, Danzica, Grenoble, Lubiana e Trieste. A Berlino e Amburgo esistono progetti FEAD per l'orientamento, l'accompagnamento e la socializzazione dei cittadini mobili dell'UE senza fissa dimora. In Portogallo il 16% delle persone senza dimora è ospitato in progetti Housing First o in appartamenti condivisi e a Lisbona esiste un database che analizza la situazione delle persone senza dimora che chiedono aiuto alle parrocchie.