S. è un uomo di 50 anni seguito dal centro di salute mentale e con una storia di dipendenze. La pandemia è stato un colpo di grazia, non poter uscire, non avere la possibilità di aderire ad alcune attività di gruppo, l’hanno reso più pigro e solo. Pigrizia e solitudine sono state molto dolorose da gestire perché lo rimandava al suo vissuto di fallimento esistenziale, dovuto a ferite con le quali è difficile misurarsi.
Offrendogli un tipo di ascolto a cui forse non era abituato, ha vissuto qualche momento di spensieratezza che ha costituito la base per arrivare ad un temperamento del suo umore. A volte ha ritrovato il volto del fanciullo, pur essendo un uomo capace di capovolgere i tavoli durante una crisi.
S. è solo, ha una storia familiare alle spalle di rifiuto, il padre voleva un figlio uguale a lui, e il figlio ha reagito al rifiuto con una vita sregolata e ribelle. Una madre debole che non ha saputo difenderlo fino a quando è stato costretto ad andar via da casa.
Oltre a non avere un luogo in cui vivere, non ha mai lavorato con successo. Non riconoscerlo come figlio ha generato la perdita della sua autostima.