Gabriele e sua madre si sono spostati parecchio. Prima ancora che lui nascesse la madre era senza casa e andava in discoteca ogni sera per poter passare lì la notte. Poi c’è stato un susseguirsi di cambiamenti; una casa ogni sei mesi fino al suo quarto compleanno, l’incendio che lo ha costretto ad andare a vivere dalla zia e ancora sei anni con i nuovi suoceri della madre. Dopodiché l’affidamento, tre case in un anno, e l’arrivo in Italia, la casa condivisa con un’altra famiglia, il mese passato nella parrocchia.
E a quel punto, grazie al progetto “Housing First”, un posto da condividere con altre due persone.
“Di questi tempi è abbastanza difficile per me spiegare il significato di una vera “casa”. Per me una casa ha un uso pratico, essenzialmente vado a casa solo per dormire e mangiare. In questo momento per me è abbastanza avere un riparo e le mie “cose” come il mio pc, un letto e un cellulare, e basta. Non considero i posti dove ho vissuto come vere case ma più come “transizioni”, con la speranza di vivere in una casa da solo o condividendola con la persona che amo.”