Ad un anno dallo scoppio della guerra in Ucraina, la Caritas di Trieste racconta l’impatto che il conflitto ha avuto sul nostro territorio.
Fin dai primi giorni, Trieste è stata coinvolta nell’emergenza dei profughi in fuga, all’inizio generalmente persone con una buona disponibilità economica, che arrivavano con i loro veicoli, e poi famiglie su pullman. La Caritas di Trieste si è subito attivata per accogliere e supportare le famiglie in arrivo alla frontiera; nel 2022 sono state infatti accolte 476 persone nelle strutture della Caritas, di cui 203 minori.
Sono state inoltre accompagnate e supportate 259 persone che si sono rivolte al Centro di Ascolto diocesano. Si è trattato in generale di ucraini ospiti da parenti e amici già presenti nel territorio, che manifestavano bisogni di diverso tipo, come l’orientamento all’espletamento delle pratiche burocratiche oppure sostegno alimentare.
Per supportare le famiglie la Caritas ha subito aperto uno spaccio dov’è stato possibile distribuire i beni alimentari e i prodotti di prima necessità donati dai triestini. In città si è generato infatti un movimento di solidarietà straordinario, sotto forma di donazioni di ogni tipo, disponibilità di accoglienza in casa, desiderio di inviare aiuti in Ucraina ma anche la richiesta di informazioni per aiutare i parenti in movimento verso l’Italia. Questa solidarietà ha anche permesso l’organizzazione di eventi, momenti di animazione dei bambini e attività come gite sul territorio, volti a ritagliare un momento di benessere nonostante la situazione.
“C’erano tutti i weekend occupati da iniziative, attività per bambini, per mamme, veramente tanto, si è mobilitato tanto il territorio. Si era creata tutta una rete, li hanno inseriti a fare sport, i bambini, subito “sì c’è la squadra di calcio, c’è la squadra di judo”. (operatore, Trieste)
La grande generosità dei cittadini è stata generata anche dalla forte emotività suscitata da una guerra nel cuore dell’Europa, così vicina a noi.
La maggior parte degli ucraini sfollati che pensavano a una veloce risoluzione del conflitto (tratto da una ricerca “Emergenza Ucraina: una guerra senza tregue. Le risposte delle Caritas del Friuli Venezia Giulia”, progetto “IMPACTFVG 2014-2020” con la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, I.R.E.S. FVG e le quattro Caritas diocesane del Friuli Venezia Giulia – Gorizia, Pordenone, Trieste e Udine). Come racconta un operatore di Udine, più volte è stato chiesto “Devo proprio chiederlo il permesso di soggiorno in Italia? Io se la situazione si risolve torno in Ucraina, ecco, non penso di fermarmi qua”.
Infatti nonostante i minori siano stati iscritti velocemente nelle scuole italiane, diversi minori in età scolare a continuare la didattica a distanza con la scuola in Ucraina, dove le lezioni proseguivano quanto possibile.
Si sono presentate anche situazioni complicate dal punto di vista delle necessità mediche, stati di salute compromessi o disabilità gravi che hanno bisogno di cure urgenti e hanno richiesto l’immediato inserimento nel sistema sanitario.
Oggi, a un anno dallo scoppio della guerra, gli arrivi sono diminuiti sensibilmente e ci sono stati molti rientri, talvolta per il desiderio di ricongiungersi con i familiari rimasti in Ucraina oppure per una minore intensità del conflitto in alcune città. Chi è rimasto sul territorio regionale si è inserito nel mondo del lavoro, in particolare come badanti o nel settore della ristorazione, e i minori continuano a frequentare le scuole. Il lavoro degli operatori è entrato nella fase dell’accompagnamento e del sostegno a progettualità con tempi più lunghi.
Don Alessandro Amodeo, direttore Caritas Trieste