Trieste, città di frontiera, meta di arrivo della Rotta Balcanica in Italia. Sono migliaia i migranti che tentano di entrare nel territorio comunitario attraverso la rotta via terra, si tratta solitamente di persone di origini soprattutto medio-orientali e asiatiche (in prevalenza da Afghanistan, Pakistan, Siria, Iraq, Iran).
Negli ultimi mesi un gruppo di giovani toscani si sono sentiti sollecitati dai racconti dei mass media sugli arrivi e sulle violenze perpetrate sulla rotta e hanno chiesto specificatamente di meglio comprendere il fenomeno, le cause e soprattutto come è possibile aiutare concretamente i migranti venendo a Trieste per qualche giorno.
La formazione era rivolta ad un gruppo della Pastorale giovanile dell’Unità Pastorale della Valserchia, ai Centri Diocesani Missionari di Pisa e di Lucca, ai giovani dell’Unità Pastorale di Pontesserchio, accompagnati da don Marco, don Francesco, da Suor Cinzia e da Rosita Di Michele.
Negli spazi della Parrocchia Madonna del Mare si sono alternati la Caritas diocesana di Trieste e la Comunità di Sant’Egidio per raccontare e testimoniare le esperienze di prossimità ai migranti che arrivano dalla Rotta Balcanica.
La Caritas di Trieste ha organizzato due momenti formativi esperienziali, attraverso la metafora del viaggio dal punto di vista del migrante ma anche del viaggio personale verso l’altro che trascende la comprensione del fenomeno e le fugaci emozioni dettate dai terribili fatti di cronaca, per approdare al cuore della prossimità: la relazione e la prossimità.
Una valigia di cartone, simbolo delle migrazioni europee del secolo scorso, ha accompagnato il cammino sulla Rotta Balcanica, animato Anna Rita Sorangelo della Comunità Missionaria di Villaregia e volontaria della Caritas di Trieste.
La formazione è iniziata con un excursus sulla definizione di Rotta Balcanica, sull’evoluzione nell’ultimo decennio, i numeri, i paesi di provenienza dei migranti, tenuta da Vera Pellegrino della Caritas di Trieste. Si è passato ad una descrizione dei servizi messi in campo dalla Caritas e dagli enti del territorio per accogliere i migranti rintracciati sul confine triestino e per garantire un periodo di accoglienza e accompagnamento ai richiedenti asilo politico, grazie all’intervento di Katarina Modic, responsabile del sistema di accoglienza della Caritas di Trieste. I ragazzi hanno animato un interessante dibattito e sono stati invitati a partecipare a dinamiche laboratoriali di gruppo per entrare sempre più approfonditamente nel tema. Il pomeriggio si è concluso con la testimonianza di FAWAD E RAUFI, un giovane afghano, docente di letteratura persiana che ha deciso di lasciare il suo Paese e ha percorso la Rotta Balcanica nel 2016. Fawad ha scritto un libro (“Dall’Hindu Kush alle Alpi. Viaggio di un giovane afghano verso la libertà”) per raccontare e condividere la sua esperienza e le tappe del suo viaggio. E’ stata peraltro un’occasione per confrontarsi sull’attuale drammatica crisi afghana.
La formazione si è conclusa con un’esperienza diretta sui sentieri del Monte Cocusso, dove i ragazzi hanno potuto percorrere a ritroso i sentieri della Rotta, dove si incontrano spesso indumenti o oggetti lasciati dai migranti. Il percorso è stato inframmezzato dalla lettura di brani del libro di Fawad e da frammenti di storie di alcuni migranti.