L’impatto con le conseguenze della pandemia è stato come l’ impatto di una ondata su una diga del porto. Improvviso, forte, di una certa durata e con strascichi non indifferenti. Ma la diga ha retto! E paradossalmente, la diga della Caritas ha retto perché si è aperta al mondo. Davvero, sembra una contraddizione, ma per noi è stata la chiave di volta che ci ha sostenuti e tuttora ci sostiene in questo tempo. La capacità cioè di reggere e nello stesso tempo ricalibrarsi, ripartire, riorganizzarsi. Penso a quello che è uno dei leitmotiv degli Atti degli Apostoli. Negli Atti le difficoltà, gli insuccessi e a volte anche le situazioni contingenti sembrano essere contrarie alle attività di missione degli Apostoli. Invece essi hanno una capacità fondamentale: davanti ad ogni difficoltà ripartono nuovamente, creando nuove occasioni di evangelizzazione, cercando nuove modalità. Per noi, qui in Caritas, questa è stata la rotta tracciata sulla carta nautica di questo tempo, dove molte isole semisommerse si sono presentate sul nostro percorso, mettendoci a rischio diverse volte. Tutto ciò però ha fatto che riscoprissimo l’essere Chiesa, in unione intima innanzitutto con lo Spirito Santo e, come per la Sua emanazione, in unione con il nostro Arcivescovo, con la Chiesa diocesana ed in particolare con i parroci ed i sacerdoti che operano sul territorio diocesano. Ascoltarsi, informarsi, percepire bisogni e necessità ci hanno portato ad intessere nuove reti di formazione e di collaborazione, mettendoci in gioco, facendo sì che l’ascolto dei bisogni del prossimo fosse ogni giorno di più alla base del nostro agire. Oggi, certamente, non siamo quelli che eravamo in gennaio di quest’anno. Siamo certamente diversi, fondamentalmente più stanchi ma, intimamente, più ricchi.
Penso di nuovo agli Atti degli Apostoli. Il loro vero protagonista è lo Spirito Santo, è Lui che guida, sorregge, spinge, indirizza. Bene. Oggi, ho la consapevolezza che lo Spirito ha soffiato anche sulla nostra Diocesi, sul nostro modo di fare, sul nostro esserci sempre, fino a mettere in gioco il bene più prezioso che ognuno di noi ha: la nostra salute, non mancando mai ai nostri servizi, implementando opere segno, costruendo nuovi alloggi e dormitori per i nostri fratelli più piccoli, non chiudendo le porte della nostra mensa, delle nostre case , del nostro centro di ascolto.
Un prezioso dono di grazia è arrivato poi dall’istituzione del Fondo per i poveri intitolato alla memoria di monsignor Eugenio Ravignani.
Lo Spirito soffia dove vuole. In questo tempo certamente ha soffiato sulla nostra Diocesi, sul nostro Arcivescovo, sulla Caritas. In una città come Trieste, dove siamo abituati a convivere con il vento forte, lo Spirito Santo ha saputo fare la differenza. Lode a Dio.
sac. Alessandro Amodeo
Articolo su “Avvenire” del 27 settembre 2020